In seguito ad un matrimonio fallito e due figli che, come padre, lo ritennero sempre troppo stravagante per via delle sue doti artistiche e poco affidabile a causa del suo innato bisogno di ritirarsi a vita privata per lunghi periodi all'anno, un giorno di tanti anni fa, fece i bagagli e dalla sua città natale si trasferì a vivere di rendita e tanta solitudine, in una splendida casetta su una collina fronte mare, lasciandosi alle spalle chilometri di terra e numerose miglia marine.
Da quel momento, circa la metà degli anni '70, dedicò la sua vita alla lettura, al giardinaggio e ai suoi amatissimi cani che negli anni si susseguirono e lo amarono incondizionatamente, riconoscendo in lui il lato più umano e nobile che nulla aveva a che fare con il titolo nobiliare.
Il marchese P. , come amava farsi chiamare, mi colpì sempre per la sua straordinaria cultura, contornata a momenti da un'aria da esuberante sognatore e in altri da quella di un malinconico eremita, questo altalenarsi di stati d'animo e umori non sempre comprensibili, spesso mi fece pensare che le storie raccontate non fossero altro che frutto della sua fervida fantasia.
Il marchese P. , come amava farsi chiamare, mi colpì sempre per la sua straordinaria cultura, contornata a momenti da un'aria da esuberante sognatore e in altri da quella di un malinconico eremita, questo altalenarsi di stati d'animo e umori non sempre comprensibili, spesso mi fece pensare che le storie raccontate non fossero altro che frutto della sua fervida fantasia.
Nonostante nulla, da altre fonti, fosse mai trapelato del suo glorioso passato, delle innumerevoli avventure amorose con signorine e signore della Forlì bene degli anni '50 e '60, degli spettacoli teatrali in cui si esibiva da protagonista sia come attore che come cantante lirico, non misi mai in dubbio i suoi racconti, ogni singolo particolare rendeva ogni storia avvincente, degna di un best sellers, ed io ascoltavo tutto con enorme interesse.
Ho apprezzato in lui la volontà di raccontare non per ammaliare i suoi interlocutori ma per il gusto, a volte amaro, di ricordare eventi, episodi, aneddoti che colorarono la sua vita prima della grande svolta.
Spesso, quando mi recavo a casa sua a fargli visita, ho sempre cercato con lo sguardo delle foto ma non ne ho mai vista una, lui ha sempre sostenuto la tesi che i ricordi degni di essere annoverati tra quelli significativi, rimangono impressi nella memoria e non è necessario immortalarli perchè si corre il rischio di tralasciarne altri più importanti solo per non avere costantemente in tasca la macchina fotografica, a suo dire, questo finirebbe per falsare la storia personale di ognuno di noi.
...Pensandoci bene molti di noi hanno una foto che ci ritrae in una piazza accanto ad una fontana e magari non abbiamo una foto con il nonno mentre ci insegna ad andare in bicicletta...
Comunque...un giorno mi parlò della prima di un'opera lirica, che si tenne in un importante teatro di Bologna dove lui esordì come tenore, mi raccontò tutto nei minimi dettagli accennando anche qualche nota, mi confidò che quello fu lo spettacolo più importante della sua vita perchè nessuno della sua nobile famiglia tollerava il fatto che lui si concedesse all'arte senza pensare minimamente al fatto che così facendo, avrebbe tolto inevitabilmente lustro all'altisonante titolo nobiliare.
Testardo ed orgoglioso, decise di non farsi condizionare da nessuno, studiò la sua parte alla perfezione e per l'occasione si fece confezionare da una sartoria artigianale, una giacca di velluto di seta verde che nel '58 era un vero e proprio lusso, me la descrisse da cima a fondo: il colore della fodera, la forma delle tasche, l'etichetta dorata della sartoria, i bottoni costosissimi e la misura perfetta che indossava con una postura da vero nobiluomo.
Ad un certo punto del racconto, mentre mi elencava gli ospiti celebri intervallando i nominativi a esilaranti aneddoti legati ai momenti concitati nel retropalco, si soffermò ad osservare la mia espressione, quella di una persona completamente rapita dal racconto ed intenta ad immaginare ogni singolo dettaglio, così... si alzò di scatto e mi disse : "Scusa un attimo, per te posso farlo".
Dopo qualche minuto tornò con in mano la sua giacca di velluto di seta verde, che dopo oltre 40 anni era ancora splendida e luminosa nonostante i tantissimi anni trascorsi al buio in un armadio colmo di naftalina; finalmente una prova tangibile di una delle sue tante avventure, qualcosa da toccare che mi riportasse al suo passato e a vivere anche solo per un attimo l'emozione di quei momenti unici ed indelebili che tanto lo avevano segnato.
Mi diede modo di guardare e riguardare la giacca mille volte, mi affascinarono le cuciture fatte a mano, le asole perfette come due occhi che rivedevano la luce dopo tanti anni, quel velluto indescrivibilmente morbido e di un verde intenso almeno quanto quella serata, al teatro di Bologna, in quel lontano gennaio del 1958...che dire, ho sognato, immaginato, goduto degli applausi e dell'ovazione finale mentre tenevo tra le mani quel piccolo pezzo di storia di altri tempi, tempi lontani dai miei ma rivissuti come se fossi stata lì, una delle tante spettatrici presenti ed emozionate.
La sera, prima di salutarlo, mi disse: " Ma la giacca non la prendi, mi faresti felice se la prendessi perchè sono vecchio, sicuramente quando non ci sarò più finirà nella spazzatura e io vorrei che tu ne facessi qualcosa in modo che rimanga per sempre, non ho mai tenuto a conservare foto, lettere, regali ma questa giacca è molto importante per me e sarei felice di dartela perchè mai prima di oggi qualcuno ha dedicato così tanto tempo ed interesse ai miei racconti".
Rimasi di stucco, colpita da quello sguardo felice che per qualche ora, nelle sue stesse parole, aveva trovato il modo di allontanarsi dalla solitudine, di rivivere positivamente, come un nonno che parla ad una nipote, le storie che lo avevano reso l'uomo che ho conosciuto.
Presi la giacca con timore ed enorme imbarazzo, sentivo quel carico di responsabilità e di fiducia riposte in me come una montagna sulle spalle, ma non volevo deluderlo.
Arrivata a casa la osservai nei minimi dettagli e mi resi conto che tutti gli anni dentro l'armadio avevano rovinato in diversi punti il tessuto tanto da rendere le tasche, il collo, i bordi e i polsini rovinati dal lungo periodo trascorso dentro un porta giacca di tela troppo stretto che a lungo andare aveva rovinato il velluto fino a farlo "spelacchiare" . Decisi allora di non volerla riporre nuovamente nell'armadio nell'attesa che si logorasse del tutto, così, la ritagliai completamente, eliminai l'interno e le parti rovinate e ne ricavai degli scampoli meravigliosi.
Con quella stoffa in mano ebbi modo di pensare a lungo e mi ricordai che il marchese P. fiero della sua vita da artista un po' folle, poeta incompreso e uomo perennemente in contrasto con il concetto d'amore, padre di figli venali quanto anaffettivi, non rimpiangeva nulla se non un Natale trascorso in famiglia.
Mi disse che da bambino erano le tate a prendersi cura di lui mentre i genitori erano intenti a ricevere ospiti e parenti per il cenone della vigilia, e da adulto aveva sposato una donna che non amava festeggiare il Natale e l'albero o il presepe erano banditi da casa perchè fonte di polvere e disordine...
Da quel momento in poi, fu chiaro nella mia mente che avrei utilizzato quell'incantevole velluto con l'assoluta volontà di valorizzarlo il più possibile e renderlo un simbolo, dello spaccato di vita non vissuto, di una persona straordinaria.
Ho apprezzato in lui la volontà di raccontare non per ammaliare i suoi interlocutori ma per il gusto, a volte amaro, di ricordare eventi, episodi, aneddoti che colorarono la sua vita prima della grande svolta.
Spesso, quando mi recavo a casa sua a fargli visita, ho sempre cercato con lo sguardo delle foto ma non ne ho mai vista una, lui ha sempre sostenuto la tesi che i ricordi degni di essere annoverati tra quelli significativi, rimangono impressi nella memoria e non è necessario immortalarli perchè si corre il rischio di tralasciarne altri più importanti solo per non avere costantemente in tasca la macchina fotografica, a suo dire, questo finirebbe per falsare la storia personale di ognuno di noi.
...Pensandoci bene molti di noi hanno una foto che ci ritrae in una piazza accanto ad una fontana e magari non abbiamo una foto con il nonno mentre ci insegna ad andare in bicicletta...
Comunque...un giorno mi parlò della prima di un'opera lirica, che si tenne in un importante teatro di Bologna dove lui esordì come tenore, mi raccontò tutto nei minimi dettagli accennando anche qualche nota, mi confidò che quello fu lo spettacolo più importante della sua vita perchè nessuno della sua nobile famiglia tollerava il fatto che lui si concedesse all'arte senza pensare minimamente al fatto che così facendo, avrebbe tolto inevitabilmente lustro all'altisonante titolo nobiliare.
Testardo ed orgoglioso, decise di non farsi condizionare da nessuno, studiò la sua parte alla perfezione e per l'occasione si fece confezionare da una sartoria artigianale, una giacca di velluto di seta verde che nel '58 era un vero e proprio lusso, me la descrisse da cima a fondo: il colore della fodera, la forma delle tasche, l'etichetta dorata della sartoria, i bottoni costosissimi e la misura perfetta che indossava con una postura da vero nobiluomo.
Ad un certo punto del racconto, mentre mi elencava gli ospiti celebri intervallando i nominativi a esilaranti aneddoti legati ai momenti concitati nel retropalco, si soffermò ad osservare la mia espressione, quella di una persona completamente rapita dal racconto ed intenta ad immaginare ogni singolo dettaglio, così... si alzò di scatto e mi disse : "Scusa un attimo, per te posso farlo".
Dopo qualche minuto tornò con in mano la sua giacca di velluto di seta verde, che dopo oltre 40 anni era ancora splendida e luminosa nonostante i tantissimi anni trascorsi al buio in un armadio colmo di naftalina; finalmente una prova tangibile di una delle sue tante avventure, qualcosa da toccare che mi riportasse al suo passato e a vivere anche solo per un attimo l'emozione di quei momenti unici ed indelebili che tanto lo avevano segnato.
Mi diede modo di guardare e riguardare la giacca mille volte, mi affascinarono le cuciture fatte a mano, le asole perfette come due occhi che rivedevano la luce dopo tanti anni, quel velluto indescrivibilmente morbido e di un verde intenso almeno quanto quella serata, al teatro di Bologna, in quel lontano gennaio del 1958...che dire, ho sognato, immaginato, goduto degli applausi e dell'ovazione finale mentre tenevo tra le mani quel piccolo pezzo di storia di altri tempi, tempi lontani dai miei ma rivissuti come se fossi stata lì, una delle tante spettatrici presenti ed emozionate.
La sera, prima di salutarlo, mi disse: " Ma la giacca non la prendi, mi faresti felice se la prendessi perchè sono vecchio, sicuramente quando non ci sarò più finirà nella spazzatura e io vorrei che tu ne facessi qualcosa in modo che rimanga per sempre, non ho mai tenuto a conservare foto, lettere, regali ma questa giacca è molto importante per me e sarei felice di dartela perchè mai prima di oggi qualcuno ha dedicato così tanto tempo ed interesse ai miei racconti".
Rimasi di stucco, colpita da quello sguardo felice che per qualche ora, nelle sue stesse parole, aveva trovato il modo di allontanarsi dalla solitudine, di rivivere positivamente, come un nonno che parla ad una nipote, le storie che lo avevano reso l'uomo che ho conosciuto.
Presi la giacca con timore ed enorme imbarazzo, sentivo quel carico di responsabilità e di fiducia riposte in me come una montagna sulle spalle, ma non volevo deluderlo.
Arrivata a casa la osservai nei minimi dettagli e mi resi conto che tutti gli anni dentro l'armadio avevano rovinato in diversi punti il tessuto tanto da rendere le tasche, il collo, i bordi e i polsini rovinati dal lungo periodo trascorso dentro un porta giacca di tela troppo stretto che a lungo andare aveva rovinato il velluto fino a farlo "spelacchiare" . Decisi allora di non volerla riporre nuovamente nell'armadio nell'attesa che si logorasse del tutto, così, la ritagliai completamente, eliminai l'interno e le parti rovinate e ne ricavai degli scampoli meravigliosi.
Con quella stoffa in mano ebbi modo di pensare a lungo e mi ricordai che il marchese P. fiero della sua vita da artista un po' folle, poeta incompreso e uomo perennemente in contrasto con il concetto d'amore, padre di figli venali quanto anaffettivi, non rimpiangeva nulla se non un Natale trascorso in famiglia.
Mi disse che da bambino erano le tate a prendersi cura di lui mentre i genitori erano intenti a ricevere ospiti e parenti per il cenone della vigilia, e da adulto aveva sposato una donna che non amava festeggiare il Natale e l'albero o il presepe erano banditi da casa perchè fonte di polvere e disordine...
Da quel momento in poi, fu chiaro nella mia mente che avrei utilizzato quell'incantevole velluto con l'assoluta volontà di valorizzarlo il più possibile e renderlo un simbolo, dello spaccato di vita non vissuto, di una persona straordinaria.
Ma quelle palline meravilgiose le hai fatte te? Nooo non cicredo!!! Sono bellissime! E poi hai avuto un pensiero troppo carino nei confronti del marchese P. Bravissima! Adesso che ha svelato il tuo raro talento non puoi non regalarmi una bella pallina fatta con le tue manine di fata per natale! ;)
RispondiEliminaMarty grazie per il complimento, sono contenta che le mie palline ti piacciano, quando sono in vena le faccio con amore.
RispondiEliminaTi prendo assolutamente in parola e non aspetto altro che il tuo indirizzo via mail e sapere quali sono i tuoi colori natalizi preferiti, sarò felicissima di regalartene una.
Baci
Il verde di qul velluto è meraviglioso! ;o)
RispondiEliminaE le palline sono bellissime...
Un utilizzo perfetto per quella stoffa che era stata illuminata dalle luci splendenti di una serata tanto straordinaria.
Attaccale al tuo albero e falle luccicare ancora, sono sicura che il Marchese P. ne sarebbe incredibilmente felice.
Saluti cari,
sally
eh no?!?!?!?! alla Marty sì e a me no??? :-)
RispondiEliminache uomo affascinante e che storia la sua!Carinissime le decorazioni!
RispondiEliminaBaci
@ Ruz
RispondiEliminaCome potrei non farne una anche per te!
Bellissima storia,... e poi l'hai raccontata così bene che mi sono anche commossa...
RispondiEliminaL'idea romantica di questo uomo che lascia un pezzo importante del suo passato e tu che lo leghi con un filo ad un albero di Natale è veramenta degna di una novella di Dickens.
Sai che mi hai fatto venir voglia di fare anch'io qualche pallina per Natale!
Baci
Sonia
Mi hai emozionata con questa splendida ma al contempo triste storia... L'ho letta tutta d'un fiato e riuscivo ad immaginare le scene con quest'uomo molto particolare protagonista di una vita vissuta con coraggio all'insegna della libertà... (utopia per molti...)
RispondiEliminaGrazie infinite per avercela raccontata!
Passa un buon weekend
Sesè
Grazie!!!! Allora provvederò al più presto :). A buon rendere!!!
RispondiEliminaChe belle che sono! Voglio imparare anche io!!!!
RispondiEliminaSe mai verrò a trovarti mi insegni???
@ Tutti
RispondiEliminaGrazie per la vostra sensibilità.
@ LTfgg
Certo cara,sarebbe un onore per me insegnarti a fare decorazioni natalizie,lo farei veramente molto volentieri sempre che tu sia pronta a dedicare dalle 7 alle 12 ore per farne una...infatti, le sagome nascono prive di qualsiasi motivo da seguire,nel senso che,per esempio,la palla è completamente liscia, è tutto un lavoro di compasso, metro e taaaaaaaantissima precisione.
Nel tempo(20 anni) ho affinato la tecnica e adesso faccio dei grandissimi complementi d'arredo moderni...ma questa è un'altra storia.
Baci Loly.
Ommamma! Se hai voglia di sopportarmi dalle 7 alle 12 ore perché no :D
RispondiEliminaA parte le battute spero davvero un giorno di riuscire a venire a trovarti!
Un bacione
ps- cmq tutto ok? mandami una mail se ti va! ;)
Ma che bella storia e che meravigliose palline. Si vede che sono fatte con amore e con la passione che solo un'amante del Natale come te può metterci. Sei un'artista. Un bacio. Miryam
RispondiEliminaCiao Heidi, ogni tanto passo di quì e trovo delle cose davvero emozionanti, dalle tue avventure personali, per le quali ti faccio un enorme in bocca al lupo e un forte abbraccio virtuale, a queste storie che sai raccontare con grande trasporto! Queste palline natalizie sono dei capolavori e tu sei bravissima!
RispondiEliminaSpero di capitare presto dalle tue parti per poter ammirare tutte le tue creazioni!
Baci
oh ma che palle....ops volevo dire che belle palline...a parte gli scherzi...sei davvero brava e la storia molto appassionante...un abbraccio
RispondiEliminaCarissima Heidi
RispondiEliminaho letto questo post appena l'hai pubblicato e aspettavo un momento di calma per commentare per bene, ma va a finire che si fa Natale e io non ho ancora trovato il tempo. Quindi ti scrivo così, di fretta ma sempre con sincerità. La storia che ci hai raccontato è stupenda, mi ha rapita il tuo modo di scrivere e di raccontare. Trovo meraviglioso inoltre l'uso che ne hai fatto di quel prezioso tessuto e son curiosa di sapere cosa ne penserebbe il Marchese P. Trovo siano eleganti e preziosissime.
Ti abbraccio forte
Giuliedda
Ma sono bellissime, complimentoni!!
RispondiEliminaChissà che bell'albero di Natale che farai...io sono anni che non riesco a farlo perchè gli ultimi 3 natali li ho passati a Buenos Aires ma quest'anno sarò qui e riuscirò ad addobbare la casa....anche se non avrò le palline belle come le tue, ancora brava, sono stupende, sono stupefatta dalla tua bravura, BRAVA!!
Grazie ragazze...e poi non ditemi che non ho le palle...!
RispondiEliminaVi stringo nel cuore e vi ringrazio tanto tanto ma tanto tanto veramente!